NON C’E’ PIÙ TEMPO PER STARE ZITTE
“Se una farfalla batte le ali a Pechino, a New York si scatena una tempesta”: è il cosiddetto “effetto farfalla” che sottolinea la stretta dipendenza tra condizioni iniziali ed effetti finali nei sistemi complessi.
Così, nelle stesse ore in cui a Roma veniva approvato un emendamento al disegno di legge Valditara, che vieta l’educazione sessuale e affettiva anche alla scuola media, a Milano si compiva l’ennesimo femminicidio.
Non daremo un numero a questa donna, Pamela non è un punto in un lungo elenco, è una giovane donna uccisa da un compagno che non voleva la fine della relazione. Non intendiamo ascoltare scusanti, leggere giustificazioni, scoprire mediazioni su quello che è successo…
Un uomo non ha saputo reggere la frustrazione (forse anche il dolore) di essere lasciato. Un uomo non ha accettato la scelta di una donna di interrompere la relazione e l’ha uccisa. Questo è ciò che è successo.
Una storia già sentita molte volte eppure nuovamente ci domandiamo: perché? Com’è possibile che la donna non si sia accorta di essere dentro ad una relazione pericolosa?
Come assistenti sociali incontriamo quasi quotidianamente donne che vivono in relazioni “tossiche”, oppressive e aggressive psicologicamente, economicamente, fisicamente. Le incontriamo all’interno di servizi specializzati dove, insieme ad altri professionisti, le aiutiamo a crearsi una realtà diversa.
Noi, con le donne vittime di violenza, costruiamo percorsi di aiuto, ponti per il futuro, ma ci rendiamo conto che il nostro lavoro non basta, la nostra voce non basta, forse non è abbastanza alta.
Ancora tante persone non riconoscono il collegamento tra il femminicidio e la cultura in cui siamo immersi. La nostra società considera ancora l’uomo geloso come un uomo innamorato, accetta che il controllo sia un modo per rafforzare le relazioni affettive e non coglie questi comportamenti come la base della piramide della violenza. E la morte di Pamela, ultima di tante, evidenzia quanto lavoro resti ancora da fare per incidere realmente sul cambiamento culturale e sociale.
Prevenire la violenza di genere non è un atto tecnico, è un agire politico perché chiama in causa l’intero sistema culturale italiano.
Mentre il Paese continua a contare donne uccise da uomini che dicevano di amarle, il nostro sistema sottrae ai più giovani gli strumenti fondamentali per comprendere cosa significhi rispetto, consenso, reciprocità, libertà. L’educazione alle emozioni, all’affettività e alla parità di genere non rappresenta un rischio: è una risorsa, ma soprattutto è una necessità. Un investimento nella cultura del rispetto e della vita. Ed è un compito collettivo che riguarda istituzioni, professionisti, famiglie e cittadini.
L’Ordine Assistenti Sociali della Lombardia, rinnovando il proprio impegno nel sostenere le donne vittime di violenza ed a promuovere una formazione qualificata fondata sulla cultura dell’uguaglianza, chiede a voce alta un cambiamento culturale.
Nel nostro impegno, esprimiamo profondo cordoglio e vicinanza ai familiari di tutte le donne vittime in quanto donne.